domenica 26 luglio 2009

Ne pensiamo: speriamo bene

Abbiamo incontrato oggi, il giorno 24, "ventiquattro e di colpo inopinato", tra le undici e le dodici e trenta di questo rovente luglio, Pasquale Belfiore.

Perché ha voluto riceverci?

Perché il collega Fulvio Ricci che proviene da esperienze politiche extraparlamentari chiama e chiede incontri. E fa bene a farlo. Senza di lui noi non l'avremmo chiesto.

Belfiore ha ricevuto Coordinamento Architetti, l'ADA, Libera Architettura.

Non uso titoli: né professore, né assessore: perché Belfiore è intellettuale raffinato e io ricordo la bella intervista a Citati a "Che tempo che fa" su Rai Tre. A lui il dott. Fabio Fazio, con un atteggiamento sospeso tra il riverente e l'entusiasta contrattualizzato (dalla Rai) chiedeva e (gli) chiedeva il titolo con cui poteva appellarlo durante l'intervista.

Citati rispose schivo: "mi chiami Citati".

E dunque Belfiore ci ha spiegato; ci ha messo al corrente fuori da ogni demagogia, nel dettaglio, della idea che struttura quella che definiremo "operazione centro storico".

Che ne pensiamo?

Ne pensiamo: speriamo bene.

Che può fare una associazione di architetti? Può mettere a disposizione di tutti i curricula dei propri soci e dei propri simpatizzanti, sperando che bastino.

Che possono fare due associazioni di architetti? Manifestare il proprio interesse secondo le procedure che sono state stabilite.

E tre Associazioni? La rivoluzione.

Ma non contro procedure legittime che il Comune e la Regione certamente metteranno in atto. Né, tanto meno, contro Belfiore.

Contro una legge che misura la qualità con la quantità (codice appalti), che domani mattina chiederà numeri e non lettere né impegno, contro l'istituto dell'appalto integrato che mette insieme il diavolo e l'acqua santa (che non verrà, però, utilizzato per le procedure del nostro centro storico).

E poi? E poi che possono fare? Possono essere vigili, attente, collaborative e pungolatici perché quanto è nelle intenzioni sincere sia poi nei fatti.

Perciò speriamo bene.

Noi (il plurale è "modestiae" non, per ovvi motivi, "maiestatis") apparteniamo a una generazione che ha provato bene sulla propria pelle che cosa significa "fare l'architetto". Sappiamo bene che con il nostro lavoro non riusciamo che a sopravvivere. Ma non importa. Questo non conta. Anche perché è l'unica cosa che sappiamo (talvolta) e possiamo fare.

Questa attenzione al tema non comincia, pertanto, per "I" come incarico, non comincia per "V" come visibilità. Comincia per "D"come dignità. Un po' di dignità. Non tantissima. Come un po' di Giustizia, non troppo, con " B" di Bellezza, un po' di Bellezza intesa come ricerca, come - si direbbe in gergo giuridico- "obbligazione di mezzi e non di risultati".

E poi, non ce ne voglia Belfiore, c'è anche un'altra questione che sussurriamo con pudore: ….c'è che il centro storico di questa martoriata città è, come lei ben sa, "il cuore del nostro cuore": è, come dire, di tutti, e fuori da ogni retorica e retrospettiva storica, è il mio, il tuo, il suo, e di tutti quelli che in questo momento ci leggono.

Tutto qui. E non è poco.

In attesa degli asili nido i piccoli scriveranno, come solo loro sanno fare, una manifestazione di interesse per " la Casa della Nutella". Hai visto mai che il sogno diventi realtà?

Certo, se fossimo a Parigi…….

"Ourvuare"

Antonella Palmieri





SUPERSANTOS, il corto vincitore del Premio Ischia Corti d'Architettura, in attesa ... del premio!


PREMIO IN PALIO: IL CACHISSO D'ORO

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